L‘allenamento in gravidanza fa parte di quelle attività ginniche che vengono classificate come “situazioni particolari”.
Altro non sono che stati di forma che non rappresentano patologie, ma necessitano di alcuni accorgimenti specifici al fine di non compromettere la salute del soggetto.
La gravidanza, come sappiamo, è un periodo particolarmente delicato per una donna, sia dal punto di vista fisico che psicologico e proprio per questo motivo l’allenamento, se svolto nel modo corretto, può portare giovamento sia al corpo che alla mente.
Prima di procedere analizziamo alcuni degli stati caratterizzanti la gravidanza:
- Variazioni di umore legate al cambiamento ormonale: si evidenziano sia sbalzi emotivi di tristezza ed euforia, sia stati d’agitazione;
- Aumento del dispendio energetico quotidiano: la presenza del feto aumenta ovviamente l’attività metabolica di base;
- Aumento del ritmo respiratorio e della frequenza cardiaca a riposo, causati sia dalla maggiore richiesta di trasporto di ossigeno sia, con il passare del tempo, dal ridotto abbassamento del diaframma dovuto all’aumento del volume uterino;
- Aumento del peso corporeo, dettato oltre che dal nascituro, dalla placenta e dal liquido amniotico (in totale circa 6 kg), anche dall’eventuale ritenzione idrica e dall’accumulo adiposo prodotto dal cambiamento ormonale;
- Accentuazione della lordosi lombare causata dalla crescita del ventre materno, con sbilanciamento del baricentro in avanti. Questo stato non è da sottovalutare poiché può comportare lombalgie ed in casi più accentuati, vere e proprie sciatalgie;
- Lassità legamentosa: una della dinamiche più frequenti è il rilascio della sinfisi pubica che può determinare pubalgie ed in generale problemi vari di deambulazione .
In base a questa descrizione è opportuno evitare le seguenti cose:
- movimenti di impatto: a causa dell’aumento di peso e la maggior lassità legamentosa dovuta al rilascio di relaxina,attività come la corsa, i balzi o i cambi di direzione sono da evitarsi sia per mantenere l’integrità articolare, sia per evitare impatti che possono anche portare al distacco della placenta;
- allenamenti ad alta intensità: a causa dell’elevato dispendio di ossigeno di base, uno stress troppo elevato può portare ad uno stato di ipossia fetale;
- manovra di valsalva: comporta di per se stessa un aumento notevole della pressione arteriosa. Non è difficile immaginarne la pericolosità in questo caso specifico;
- rischio di caduta: come detto, per lo spostamento del baricentro, le capacità di equilibrio sono ridotte. Sottoporre la futura mamma ad esercizi di precaria stabilità è un rischio da non correre;
- ipertermia: evitare allenamenti in condizioni climatiche con temperature troppo elevate;
- posizione supina: l’aumento delle dimensioni dell’utero tende a comprimere la vena cava. Tale posizione accentuerebbe la cosa, risultando dannosa.
COSA FARE
- effettuare allenamenti al di sotto della soglia anaerobica in modo da non affaticarsi otremodo;
- se si decide di utilizzare sovraccarichi, usare pesi moderati e terminare lo sforzo prima del cedimento muscolare. È preferibile l’ausilio di macchine isotoniche al fine di non provocare troppi sforzi legati alla stabilizzazione.
- Eseguire gli addominali solo su panca inclinata o effettuare il plank, ma solo fino a che il corpo lo permette.
- Effettuare esercizi mirati alla distensione del tratto lombare, la zona più soggetta a stress a causa delle modificazioni fisiche
- curare la postura del tratto dorsale che, a causa dell’aumento del seno ed in compensazione dell’iperlordosi lombare potrebbe aumentare la curva cifotica.
Ricordiamo comunque che è sempre importante consultare un medico sia prima sia durante lo svolgimento di attività fisica e che in caso di disturbi marcati la scelta più opportuna è quella di sospendere l’allenamento.
“È per rinascere che siamo nati” (cit.)